La finanza islamica

La finanza islamica è basata su alcune interpretazioni del Corano. I suoi due pilastri centrali consistono nel fatto che non si possono ottenere interessi sui prestiti (divieto del ribā) e che bisogna effettuare investimenti socialmente responsabili.

La differenza fondamentale dalla finanza tradizionale è il divieto di guadagnare sugli interessi ( ribā ), dato che l’obbligo di investire in modo socialmente responsabile non è diverso da quelli presenti in varie altre religioni.

L’interesse non è legittimato come titolo di risarcimento per chi immobilizza del denaro per un certo periodo per tenerlo a disposizione del debitore. L’interesse risk-free è considerato usura, indipendentemente dall’entità dell’interesse applicato. Per il principio del gharār, è immorale qualunque interesse legato a una presenza di rischio e incertezza, quindi ricorrere o prestare denaro a persone fisiche e giuridiche che praticano la leva finanziaria, il carry trade, e altre forme di speculazione e l’arbitraggio.

Ad esempio, i fondi di investimento islamici escludono per statuto le società che hanno un rapporto superiore del 30% fra debiti e capitale sociale, fra le quali potrebbero esservi società che ricorrono alla leva finanziaria per fare profitti. L’interesse è riconosciuto come premio di rischio legato a una qualche forma di investimento.

Questi principi penalizzano alcuni ambiti dell’attività bancaria, che non generano profitti e quindi nessuna remunerazione del capitale prestato. Il credito al consumo, i mutui ipotecari e immobiliari per l’acquisto della prima casa sono impieghi “legittimi” del denaro per il diritto islamico, ma non consentono al creditore il guadagno nella forma di una partecipazione ai profitti. Il risultato è quello di orientare i prestiti agli investimenti produttivi, gli unici che permettono una remunerazione, compatibile con il diritto islamico. Per il credito immobiliare e al consumo non è riconosciuto il costo-opportunità del denaro, pari a un interesse risk-free, ovvero quanto avrebbe potuto guadagnare il creditore se avesse investito altrimenti, tenendo conto che la garanzia del bene elimina il rischio del prestito.

Il Corano, il libro sacro dell’Islam, vieta l’usura, il ribā, cioè gli interessi [1].Molte delle peculiarità della finanza islamica, specialmente dell’attività bancaria islamica, vertono intorno a questo principio.

Ad esempio le banche islamiche devono possedere quote di proprietà delle case piuttosto che stipulare una comune ipoteca. Altri esempi includono essenzialmente piani di spartizione di guadagni (profit and loss sharing – PLS), affitti e piani di riacquisto. Questi sistemi permettono alle istituzioni finanziarie di fare affari senza contravvenire al principio che vieta gli interessi.

La seconda differenza tra la finanza islamica e quella tradizionale è l’enfasi sugli investimenti socialmente responsabili. Mentre secondo la tradizione occidentale è semplicemente possibile investire in modo responsabile per l’Islam ciò è strettamente obbligatorio.

Questo include l’obbligo di assicurarsi che i propri soldi non siano utilizzati per scopi non etici, come ad esempio droghe, armi, alcol, pornografia e terrorismo.

Attualmente, anche nel mondo occidentale, molte istituzioni finanziarie offrono prodotti e servizi finanziari in accordo con le regole della finanza islamica. Fra i principali gruppi di diritto islamico: Dallah Albaraka Group (Arabia Saudita), Dar al Maal al Islami Trust (Arabia Saudita), Alrahj Group (Arabia Saudita) The Islamic Investor (Kuwait). L’UaB, Unione della banche Arabe, è la maggiore organizzazione degli istituti di credito di diritto islamico.

Note

  1. ^ Nel versetto 275 della seconda sura del Corano: “Dio ha reso lecito il commercio e illecito l’interesse”.

 


Bibliografia

  • Piccinelli Gian Maria (a cura di), “Il sistema bancario islamico”, estratto da Oriente Moderno, n.s. VII (LXVIII) 1-9, 1988, x+408 pp.
  • Vadalà Emilio, “Capire l’Economia Islamica”, Yorick Editore, 2005.
  • Giustiniani Enrico, “Elementi di finanza islamica”, Marco Valerio Editore, 2005.
  • Porzio Claudio (a cura di), “Banca e finanza islamica”, Bancaria Editrice, 2009.
  • Kaouther Jouaber-Snoussi, “La finanza islamica. Un modello finanziario alternativo e complementare”, O barra O edizioni, 2013.


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