Presentazione della Sezione “Primavera araba” الثورات العربية

Presentazione della Sezione “Primavera araba”

الثورات العربية

Primavera araba (al-Thûrât al-ʻArabiyy; ribellioni arabe o rivoluzioni arabe) è un’espressione che  indica una serie di proteste ed agitazioni in corso nelle regioni del Medio Oriente, del vicino Oriente e del Nord Africa. I paesi maggiormente coinvolti dalle sommosse sono l’Algeria, il Bahrein, l’Egitto, la Tunisia, lo Yemen, la Giordania, il Gibuti, la Libia e la Siria, mentre ci sono stati moti minori in Mauritania, Arabia Saudita, Oman, Sudan, Somalia, Iraq, Marocco e Kuwait.

Le proteste arancioni, che hanno colpito paesi riconducibili in vario modo all’universo arabo ma anche esterni a tale circoscrizione come nel caso della Repubblica Islamica dell’Iran, hanno in comune l’uso di tecniche di resistenza civile, comprendente scioperi, manifestazioni, marce e cortei, talvolta anche atti estremi come suicidi (divenuti noti tra i media come “auto-immolazioni”) e l’autolesionismo, così come l’uso di social network come Facebook e Twitter per organizzare, comunicare e divulgare gli eventi a dispetto dei tentativi di repressione statale. I social network tuttavia non sarebbero il vero motore della rivolta, secondo alcuni osservatori, per i quali “il network della moschea, o del bazar, conta assai più dì Facebook, Google o delle email”. Alcuni di questi moti, in particolare in Tunisia ed Egitto, hanno portato ad un cambiamento di governo, e sono stati denominati rivoluzioni.

I fattori che hanno portato alle proteste sono numerosi e comprendono, tra le maggiori cause, la corruzione, l’assenza di libertà individuali, la violazione dei diritti umani e le condizioni di vita molto dure, che in molti casi riguardano o rasentano la povertà estrema. Il crescere del prezzo dei generi alimentari e della fame sono anche considerati una delle ragioni principali del malcontento, che hanno comportato minacce all’equilibrio mondiale in ordine all’alimentazione di larghe fasce della popolazione nei paesi più poveri nei quali si sono svolte le proteste, ai limiti di una crisi paragonabile a quella osservata nella crisi alimentare mondiale nel 2007-2008. Tra le cause dell’aumento dei costi, secondo Abdolreza Abbassian, capo economista alla FAO, la “siccità in Russia e Kazakistan accompagnata dalle inondazioni in Europa, Canada e Australia, associate a incertezza sulla produzione in Argentina”, a causa di cui i governi dei paesi del Maghreb, costretti ad importare i generi commestibili, hanno scelto l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari di largo consumo. Altri analisti hanno messo in risalto il ruolo della speculazione finanziaria nel determinare la crescita del prezzo dei generi alimentari in tutto il mondo. Prezzi più alti si sono registrati anche in Asia: in India dove ci sono stati rialzi nell’ordine del 18%, mentre in Cina dell’11,7% in un anno.

Le proteste sono cominciate il 18 dicembre 2010 in seguito alla protesta estrema del tunisino Mohamed Bouazizi che si è dato fuoco in seguito a maltrattamenti da parte della polizia, il cui gesto è servito da scintilla per l’intero moto di rivolta che si è poi tramutato nella cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini”. Per le stesse ragioni, un effetto domino si è propagato ad altri paesi del mondo arabo e della regione del Nordafrica, in seguito alla protesta tunisina. In molti casi i giorni più accesi, o quelli dai quali ha preso avvio la rivolta, sono stati chiamati “giorno della rabbia” o con nomi simili.

Quattro capi di stato sono stati costretti alle dimissioni o alla fuga: in Tunisia Zine El-Abidine Ben Ali il 14 gennaio 2011, in Egitto Hosni Mubarak l’11 febbraio 2011, in Libia Muammar Gheddafi che, dopo una lunga fuga da Tripoli a Sirte, è stato catturato e ucciso dai ribelli il 20 ottobre 2011 e in Yemen Ali Abdullah Saleh il 27 febbraio 2012. In Siria l’Els (Esercito libero siriano) ha ingaggiato una lotta armata per la destituzione del presidente Bashar al-Assad.

I sommovimenti in Tunisia hanno portato il presidente Ben Ali, alla fine di 25 anni di dittatura, alla fuga in Arabia Saudita. In Egitto, le imponenti proteste iniziate il 25 gennaio 2011, dopo 18 giorni di continue dimostrazioni accompagnate da vari episodi di violenza, hanno costretto alle dimissioni, complici anche le pressioni esercitate da Washington, il presidente Mubarak dopo trent’anni di potere. Nello stesso periodo, il re di Giordania Abdullah attua un rimpasto ministeriale e nomina un nuovo primo ministro, con l’incarico di preparare un piano di “vere riforme politiche”.

Sia l’instabilità portata dalle proteste nella regione mediorientale e nordafricana che le loro profonde implicazioni geopolitiche hanno attirato grande attenzione e preoccupazione in tutto il mondo.

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Categorie:G03- Storia contemporanea dei paesi arabi - Contemporary History of the Arabic Countries

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