La rivolta araba anti-ottomana 1916-18

La Rivolta Araba anti-ottomana (al-Thawra al-Arabiyya), svoltasi fra il 1916 e il 1918, fu avviata dallo Sharif di Mecca al-Husayn ibn Alī dopo la promessa che gli Alleati avrebbero procurato la completa indipendenza degli arabi dal giogo turco-ottomano qualora gli arabi avessero combattuto contro Istanbul nel Primo conflitto mondiale. La Gran Bretagna aveva promesso con la Corrispondenza Husayn-McMahon che avrebbe sostenuto l’indipendenza araba se gli Arabi si fossero ribellati agli ottomani. Le due parti contraenti avevano però dato differenti interpretazioni a questo Accordo. La Gran Bretagna, la Francia e la Russia avevano infatti segretamente concordato di dividersi l’area araba nell’ambito degli Accordi Sykes-Picot (1916). Ulteriori ambiguità e confusioni vennero create dalla Dichiarazione Balfour del 1917, che prometteva l’aiuto britannico agli ebrei per l’istituzione di un “focolare ebraico” (national home) nella Palestina araba.

Soldati arabi durante la rivolta anti-ottomana

La rivolta Araba fu il risultato del colpo di mano con cui nel 1908 i nazionalisti turchi del Partito riformista dei Giovani Turchi assunsero la guida dell’Impero Ottomano, lasciando al sultano Abdul Hamid II un potere puramente formale. La politica ottomana cambiò dopo la svolta dei  Giovani Turchi e si accrebbe la discriminazione nei confronti delle componenti non-turche dell’Impero.

L’Impero ottomano era stato uno dei più estesi e duraturi imperi della storia. L’Impero turco-ottomano o Sublime stato ottomano o Sublime Porta (turco ottomano: Devlet-i Aliyye-yi Osmâniyye, turco moderno: Osmanlı Devleti or Osmanlı İmparatorluğu), durò dal 1299 al 1922 (623 anni). Durante il XVI ed il XVII secolo, al suo apogeo, sotto il regno di Solimano il Magnifico, l’impero era uno dei più potenti stati del mondo, un impero multinazionale e plurilingue che si estendeva dai confini meridionali del Sacro Romano Impero, alle periferie di Vienna e della Polonia da nord fino allo Yemen e l’Eritrea a sud; dall’Algeria ad ovest fino all’Azerbaigian ad est, controllando, controllando gran parte dei Balcani, del Medio Oriente e del Nordafrica. Avendo Costantinopoli come capitale ed un vasto controllo sulle coste del Mediterraneo, l’impero fu al centro dei rapporti tra Oriente ed Occidente per circa sei secoli. L’impero nacque in continuità del Sultanato selgiuchide di Rum. Il nome deriva da quello del fondatore di fatto della dinastia regnante, Osman I. Durò sino all’istituzione dell’odierna Repubblica di Turchia.

L’estensione dell’Impero ottomano

Gli Ottomani si allearono nel 1914 con gli Imperi Centrali nella Prima guerra mondiale. Molti nazionalisti arabi che si trovavano a Damasco e a Beirut furono arrestati, torturati e giustiziati dagli ottomani. Gli arabi furono anche minacciati dalla costruzione delle ferrovia del Hijāz che i Turchi pensavano potesse aiutare il loro esercito a spostare più facilmente truppe e materiali più in profondità nei paesi arabi (la ferrovia fu infine realizzata sotto il sultanato di Abdul Hamid II ma il suo impatto sulla guerra fu trascurabile sotto il governo del Comitato Unione e Progresso.

A causa di questi motivi, lo Sharif al-Husayn ibn Alī, in quanto capo dei nazionalisti arabi, concluse un’alleanza con il Regno Unito e la Francia contro gli Ottomani verso l’8 giugno 1916 (la data precisa è ancora alquanto dibattuta). Le forze arabe furono affidate al comando dei suoi figli Abd Allāh e Faysal. Il governo britannico in Egitto immediatamente distaccò un giovane ufficiale perché lavorasse con gli Arabi. Quest’uomo era il Capitano T.E. Lawrence, noto poi come Lawrence d’Arabia.

Il teatro di guerra del Medio Oriente durante la prima guerra mondiale (2 novembre 1914 – 29 ottobre 1918) rappresenta l’insieme delle campagne militari combattute dall’Impero Ottomano alleato alle Potenze Centrali contro l’Impero Russo e l’Impero Britannico. Accanto a queste tre potenze principali ebbero un ruolo importante in questo teatro gli irregolari arabi che parteciparono alla Rivolta Araba e le truppe volontarie armene, che inizialmente diedero vita alla Resistenza armena contro gli ottomani e poi divennero le forze armate della nuova Repubblica Democratica di Armenia. In questo teatro di guerra, il più esteso geograficamente fra tutti i teatri della prima guerra mondiale, vengono distinte cinque campagne militari principali: Campagna del Sinai e della Palestina, Campagna della Mesopotamia, Campagna del Caucaso, Campagna di Persia, Campagna dei Dardanelli.

Fanno parte di questo teatro di operazioni anche la Campagna di Arabia e la Campagna di Aden. Caratteristica ricorrente nelle varie campagne della regione del Medio Oriente fu la asimmetria fra le diverse forze in conflitto. Non esiste una data unica che indica la fine delle operazioni nel teatro: fra russi ed ottomani la guerra terminò con l’Armistizio di Erzincan (5 dicembre 1917) a cui fece seguito il Trattato di Brest-Litovsk (3 marzo 1918); la Conferenza di pace di Trebisonda (14 marzo – 5 aprile 1918) ed il Trattato di Batumi (4 giugno 1918) conclusero il conflitto fra ottomani ed armeni; mentre la fine della guerra con gli Alleati Occidentali fu l’Armistizio di Mudros (30 ottobre 1918), a cui fece seguito il Trattato di Sèvres (10 agosto 1920).

Facciamo un passo indietro. Alla vigilia del conflitto, quando la parte europea era praticamente ridotta ai confini attuali della Turchia, la Francia aveva mire sulla Siria e su parte dell’Anatolia (l’antica Cilicia, corrispondente alla regione di Adana), la Gran Bretagna sperava di impadronirsi dell’Iraq, della Palestina e della penisola araba, mentre la Germania contava di estendere la propria influenza economica tramite il collegamento ferroviario, parzialmente già realizzato, tra Berlino e il golfo Persico. Durante la guerra tutti i belligeranti utilizzarono i movimenti nazionalisti arabi per fomentare rivolte nelle retrovie dell’avversario: nel 1915 l’occupazione italiana della Libia era ridotta a poche piazzeforti lungo la costa, mentre nel Maghreb i francesi erano minacciati dall’apertura di un secondo fronte rappresentato dalla guerriglia arabo-berbera. Germania e Turchia utilizzavano i combattenti libici anche contro la Gran Bretagna, incoraggiando incursioni in territorio egiziano.

 Il maggior successo, tuttavia, fu quello conseguito dalla politica britannica che riuscì a organizzare, grazie in parte al tenente T.E. Lawrence, la cosiddetta “rivolta del deserto”, mobilitando gli arabi dello Higiâz e di altre regioni della penisola contro i turchi. La maggior parte dei nazionalisti arabi prestò fede alle promesse di indipendenza diffuse dalla propaganda franco-britannica; solo pochi (Abd al-Rahmân Shahbandar, Mohammed Kurd Alî e altri), rendendosi conto dei pericoli insiti nell’espansione coloniale franco-britannica, scelsero di appoggiare la Turchia sotto la parola d’ordine panislamica della guerra santa. Caddero dunque nell’indifferenza gli appelli alla gihâd lanciati all’inizio della guerra dal sultano-califfo, che sperava in tal modo di mettere in difficoltà la Francia e la Gran Bretagna, nei cui eserciti erano arruolati cospicui contingenti di musulmani nordafricani e indiani. Gli alleati non aspettarono la fine delle ostilità: fin dal 10 aprile 1915 Francia, Gran Bretagna e Russia avevano concluso un accordo che assegnava all’impero zarista la città di Istanbul e gli stretti dei Dardanelli e del Bosforo. Era prevista inoltre la costituzione di uno stato arabo indipendente dai confini indeterminati. Francia e Gran Bretagna pervennero nel maggio 1916, con il consenso russo, al famigerato accordo Sykes-Picot, che contemplava il passaggio di Siria occidentale, Libano e Cilicia alla Francia, dell’Iraq centromeridionale e dei porti palestinesi di Haifa e Akka alla Gran Bretagna. La Siria orientale e il distretto poi iracheno di Mossul dovevano rientrare nella sfera d’influenza francese, la Transgiordania e la parte settentrionale del vilâyet di Baghdad in quella britannica; al resto della Palestina veniva riservato uno speciale regime internazionale. Alla Russia, in cambio del consenso, furono promessi i vilâyet armeni e il Kurdistan settentrionale. L’Italia fu tacitata con la promessa di Smirne (rivendicata energicamente dalla Grecia) e di parte dell’Anatolia centrale e sudoccidentale. Nel frattempo l’alto commissario britannico in Egitto Henry McMahon e il sovrano dello Higiâz, Hussein el-Hashimi (ritenuto discendente del profeta Maometto e, in quanto tale, custode dei luoghi santi di Mecca e Medina per conto dell’impero ottomano), avevano concluso un accordo (24 ottobre 1915) che impegnava il secondo a scendere in guerra contro la Turchia. In cambio la Gran Bretagna prometteva di riconoscere l’indipendenza di un regno arabo hascemita comprendente l’Iraq, la penisola araba (esclusi i protettorati britannici) e una parte non precisata di Siria e Palestina. L’andamento delle operazioni belliche pose la Gran Bretagna in una posizione di forza che le consentì di venir meno agli impegni presi. Nel 1917 le forze britanniche, passate finalmente all’offensiva dopo mesi di insuccessi imposti dall’efficace resistenza turca coordinata da ufficiali tedeschi, si impadronivano di quasi tutto l’Iraq; in Palestina le forze arabo-britanniche sfondarono le linee turche il 31 ottobre, e il loro comandante in capo E.H. Allenby entrò a Gerusalemme il 9 dicembre. La prospettiva di un’occupazione britannica della Palestina aveva già sollevato un caso delicato, poiché il governo di Londra era vincolato ai suoi alleati da due accordi diversi: in base alla corrispondenza Hussein-McMahon la Palestina doveva essere almeno parzialmente incorporata nel futuro stato arabo, mentre ai sensi dell’accordo con la Russia vi doveva essere instaurato un regime internazionale. La diplomazia britannica uscì dalla difficoltà derivante da questi impegni reciprocamente incompatibili assumendone un terzo, ugualmente incompatibile con i precedenti: il 2 novembre 1917 venne resa nota la cosiddetta dichiarazione di Balfour, in base alla quale la Gran Bretagna si dichiarava favorevole alla formazione di una sede nazionale (national home) del popolo ebraico in Palestina. La dichiarazione Balfour ottenne l’immediato appoggio del governo degli Stati Uniti, che aveva contribuito al successo dei negoziati tra governo britannico e movimento sionista, e nel 1918 venne accettata anche dai governi francese e italiano, suscitando naturalmente profonda indignazione tra gli arabi, ai quali apparve come la prova più lampante del tradimento britannico. A sua volta il governo sovietico pubblicò tutti i trattati segreti sulla spartizione dell’impero ottomano, compresi gli accordi Sykes-Picot. Il voltafaccia britannico offriva la possibilità di trattative turco-arabe, che furono avviate nel dicembre 1917 ma non ebbero esito, per il rifiuto dei turchi di accedere alle richieste arabe di autonomia o indipendenza. La guerra stava comunque volgendo al termine e, tra gli alleati, la Gran Bretagna era in grado di far la parte del leone. Tutti gli impegni, parzialmente incompatibili tra loro, assunti dai vincitori durante il conflitto vennero lungamente dibattuti alla conferenza di Versailles, che si concluse con il trattato di Sèvres (10 agosto 1920).

Il maggior contributo di Lawrence alla Rivolta – come si è detto- fu quello di convincere i capi arabi (Faysal e ʿAbd Allāh) a coordinare i loro sforzi per sostenere la strategia britannica. Egli convinse gli arabi a non espellere gli ottomani da Medina e ad attaccare invece la Ferrovia del Hijaz in numerose occasioni. Ciò costrinse gli ottomani a inviare sempre maggiori unità militari a protezione della Ferrovia e a riparare i danni costantemente apportati dagli arabi di Faysal e Lawrence.

Nel 1917 Lawrence pianificò un’azione congiunta con forze irregolari arabe e appartenenti alla tribù di Awda Abū Tayy (fino ad allora agli ordini degli ottomani) contro il porto della cittadina di Aqaba. Aqaba rivestiva notevole interesse per i britannici in quanto base di rifornimento della Forza di Spedizione Egiziana (Egyptian Expeditionary Force), come pure per la Rivolta Araba. Il 6 luglio, dopo un audace attacco condotto dal lato di terra – dal quale non si temevano azioni militari, visto che s’affacciava sulla steppa (bādiyya) -, Aqaba cadde nelle mani degli arabi. Nei mesi successivi i combattenti arabi effettuarono limitate incursioni contro le posizioni ottomane per agevolare l’offensiva invernale del Generale Allenby contro la linea difensiva turca Gaza-Bersheeba. Le vittorie di Allenby portarono direttamente alla presa di Gerusalemme poco prima di Natale del 1917.

Nel 1918 la cavalleria araba si rafforzò, non appena sembrò che la vittoria finale fosse a portata di mano, e fu in grado di aiutare l’esercito di Allenby con un’intelligente azione d’identificazione delle posizioni militari ottomane. Essa aggredì anche le colonne di rifornimento ottomane, attaccò piccole guarnigioni e distrusse binari ferroviari. Grazie anche a questi attacchi, l’ultima offensiva di Allenby, la Battaglia di Megiddo (1918), fu un clamoroso successo. L’esercito ottomano fu messo in rotta in meno di 10 giorni di scontri. Le truppe della cavalleria leggera australiana marciarono senza trovare resistenza fino a Damasco il 30 settembre 1918. T.E. Lawrence e le sue truppe araba cavalcarono fino a Damasco, anticipando Allenby, per ricevere la resa “ufficiale” dei Turchi. Alla fine della guerra, la Forza di Spedizione Egiziana aveva posto sotto controllo quelli che oggi sono gli Stati di Israele, Giordania, Libano, gran parte della Penisola Araba e del sud della Siria.

Bibliografia

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A. Giannini, Le costituzioni degli stati del vicino Oriente, Istituto per l’Oriente, Roma 1931;

E. Rossi, Documenti sull’origine e gli sviluppi della questione araba (1875-1944), Istituto per l’Oriente, Roma 1944;

W. Miller, The Ottoman Empire and its Successors 1801-1927, Cambridge University Press, Cambridge 1936;

D. Miller, Constitutions, Electoral Laws, Treaties of States in the Near and Middle East, Duke University Publications, Durham 1953.



Categorie:G03- Storia contemporanea dei paesi arabi - Contemporary History of the Arabic Countries

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