Vikram Chandra, “Giochi sacri”

Il libro:

Vikram Chandra, Giochi sacri, trd. F. Orsini, Mondadori, Milano 2008.

Sartaj Singh, ispettore della polizia di Bombay, riceve una soffiata: una voce gli rivela dove si trova il covo di Ganesh Gaitonde, il temutissimo, imprendibile gangster. Così Sartaj si ritrova fuori dalla casa-bunker di Gaitonde, ad ascoltare al citofono le mille storie che il criminale ha da raccontare, storie di conquista e di sconfitta, di uomini e donne presi dal rapace meccanismo del vivere e del morire in nome di cause giuste, sbagliate, o senza nessuna ragione. A partire da Sartaj e Ganesh si snoda davanti al lettore una narrazione fluente e fascinosa in cui la disordinata molteplicità del mondo trova un suo inesplicabile e tuttavia perfetto disegno.

Il ponderoso libro (più di mille pagine) di Vikram Chandra è un’opera complessa, così com’è articolata la storia che si accinge a narrare. Strutturata come un mandala buddista/indù (disegno composto dall’associazione di diverse figure geometriche), la trama inizialmente segue i canoni della crime novel, vera e propria detective story di poliziotti e bhai (termine indù per boss). Ma è solo un pretesto: l’autore progressivamente ne abbandona gli stilemi, biforcando la storia principale (l’incontro tra l’ispettore Sartaj Singh ed il capomafia Ganesh Gaitonde, l’unico personaggio a cui è concesso il beneficio/maleficio della prima persona) ed incastonandola di inserti che raccontano storie lontane sia spazialmente che cronologicamente, ma tutte correlate a Bombay e soprattutto allo sfrenato disordine del mondo.

Mumbai è il fulcro di “Giochi sacri”. Città di una bellezza sfolgorante, quasi terrificante, continuamente rovinata dalle intemperie umane: inquinamento, aria fetida, povertà assoluta e diffusa, corruzione dilagante, criminalità spietata, intrecci perversi tra politici, imprenditori, mafiosi e star di Bollywood. Una città crivellata dal crimine, fino a marcire. Una metropoli moderna attraversata da frizioni religiose insanabili. Le persone che sono stanche di Bombay sono stanche della vita, e viceversa. Il sistema prevede una sola uscita: la morte. L’intelaiatura è sineddotica: Mumbai sta a dire India contemporanea, e India significa estremo occidente; violenza, economia liberista, sviluppo, espansione ed involuzioni fondamentaliste che sottendono ad una società frantumata, a partizionamenti forzati e ad estenuanti conflitti a bassa intensità (Kashmir su tutti).

La battaglia (il gioco) si svolge su due piani: uno contempla la caoticità del mondo, la sua imperfezione congenita, l’inevitabile dolorosità; l’altro prevede un’innaturale instaurazione di ordine e purezza. Il primo piano comporta scelte sofferte, poliedriche, situazioni di forte compromissione dettate dall’inevitabilità di quella particolare contingenza – che sia introspettiva, geopolitica, sentimentale o quant’altro.

L’autore:

Vikram Chandra (Nuova Delhi, 1961), vive negli Stati Uniti, dove insegna “scrittura creativa” alla George Washington University. Ha pubblicato Terra rossa, pioggia scrosciante (1998), la raccolta di racconti Amore e nostalgia a Bombay (1999) e Giochi sacri (Mondadori 2007).

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