Omar al-Khayyam matematico
L’indirizzo geometrico-algebrico
La seconda corrente che contribuisce al rinnovamento dell’algebra islamica nei secoli X, XI e XII, è quella costituita da quei matematici che cercano di far progredire l’algebra mediante la geometria. Lo stimolo iniziale è fornito dai problemi geometrici classici o astronomici, che si traducono in equazioni di terzo grado. Si ricorda ad esempio il problema della duplicazione del cubo, ovvero l’inserzione di due medi proporzionali x e y fra i numeri a e b, per cui
a : x = x : y = y : b.
Questo si traduce nelle equazioni x2 = ay o y2 = bx e xy = ab, che conducono all’equazione x3 = a2b oppure y3 = ab2.
Menecmo (IV sec. a.C.) aveva trovato la soluzione di x3 = a2b come ascissa del punto di incontro della parabola x2 = ay e dell’iperbole xy = ab. Risolse con questo stratagemma anche il problema della duplicazione del cubo, in quanto questo si presentava come un caso particolare del precedente. Si trattava infatti di trovare lo spigolo di un cubo, il cui volume fosse il doppio del volume di un cubo dato, cioè di risolvere l’equazione x3=2a3, cosa che egli ottenne con l’intersezione della parabola x2=ay e dell’iperbole xy=2a2.
Ancora più interesse suscitava però, presso gli arabi, il problema posto da Archimede (287-212 a.C.) nell’opera Sulla sfera e sul cilindro (II, 4):
“Dividere una sfera data in modo tale che il rapporto fra i volumi dei segmenti ottenuti sia uguale ad un rapporto dato.”
Se si indica con r il raggio della sfera e con x £ r l’altezza di uno dei segmenti sferici, l’altro segmento avrà altezza 2r- x³ r. Il volume V1 del segmento di altezza x e quello V2 dell’altro segmento dovranno dunque stare fra loro nel rapporto dato K, con K£ 1, cioè V1:V2= K e se V indica il volume della sfera, si avrà:
,
da cui
e poiché e
, si ha
,
da cui
.
Una soluzione del problema era già stata data da Eutocio (VI sec.), nel suo commento all’opera di Archimede, con l’intersezione di una parabola e di un’iperbole, ma questa soluzione non era conosciuta dagli arabi, che si accanirono nella ricerca.
Il primo ad occuparsi del problema e a darvi una espressione algebrica è al-Mahani, che però non riesce a costruire la radice dell’equazione. Altri matematici islamici del x sec., ad esempio al-Khazin e ibn al-Haytham (965-1093), riprendono il problema, studiando altri problemi geometrici classici (quali quelli della duplicazione del cubo, trisezione dell’angolo, costruzione dei poligoni regolari di 7 e 9 lati inscritti nel cerchio) e lo risolvono mediante intersezione di coniche. Al-Biruni (973-1048) affronta invece il problema della trisezione dell’angolo e dell’inscrizione di un ennagono regolare nel cerchio. Egli ottiene per quest’ultimo l’equazione
x3 = 3x + 1,
in cui x rappresenta la corda di un arco uguale ai 2/9 della circonferenza. Da un lato il grande numero dei problemi che si riconducono ad equazioni di terzo grado, dall’altro l’incapacità di risolvere queste equazioni con una formula per radicali, portano all’esigenza di costruire una teoria sistematica e generale delle equazioni di terzo grado, analoga a quella per le equazioni di primo e secondo grado.
Il creatore di questa teoria è Omar al-Khayyam (1048 Nishapur, nel Khorassan, 1131), noto universalmente come poeta per i suoi famosi Rubai’yat. Verso il 1074 egli scrive, a Samarcanda, il suo grande trattato Sulle dimostrazioni dei problemi di al-jabr e al-muqabala, in cui definisce l’algebra come teoria delle equazioni, nettamente distinta dall’aritmetica. Le grandezze incognite possono essere numeri interi o grandezze geometriche (linee, superfici, volumi) e la risoluzione necessita sia di soluzioni numeriche, che di verifiche geometriche. Egli riconosce il suo fallimento nei confronti della soluzione per radicali delle equazioni cubiche, ma afferma “Forse uno di quelli che verranno dopo di noi riuscirà a trovarla.”
Il suo trattato presenta una classificazione delle equazioni di secondo e di terzo grado. Queste ultime sono divise in tre specie: le binomie, le trinomie e le quadrinomie, per un totale di 14 tipi.
La prima specie con tiene semplicemente l’equazione binomia x3=a.
La seconda è formata dalle trinomie dei seguenti tipi:
- senza termine di secondo grado, cioè
x3+ bx = a
x3 + a = bx
bx + a = x3
- senza termine di primo grado, cioè
x3+ cx2 = a
x3+ a = cx2
x3= a + cx2.
Infine la terza specie è costituita da
- equazioni in cui tre termini positivi sono uguali ad un termine positivo, cioè
x3+ cx2+ a = bx
x3= a+ bx+ cx2
x3+ a+ bx = cx2
x3+ bx + cx2 = a
- equazioni in cui due termini positivi sono uguali a due termini positivi, cioè
x3+ cx2 = bx+a
x3+ a = cx3+ bx
x3 +bx = cx2+a.
In tutte queste si devono intendere a, b, c costanti positive.
Le specie di ciascun tipo, che differiscono fra loro solo per i segni dei coefficienti, sono trattate separatamente e per ciascuno è spiegata la scelta delle coniche da usare. Il metodo è però uniforme, per cui è sufficiente indicare qui un unico esempio per ogni specie.
Omar al-Khayyam è attento a rispettare sempre l’omogeneità dimensionale, per cui nel trattare l’equazione del tipo 1),
x3+ bx = a,
dapprima la pone sotto la forma
x3 + p2x = p2q
e poi la risolve con l’intersezione (Fig. 7) del cerchio x2+ y2 = qx e della parabola a2= py.
L’ascissa x= AX del punto P di incontro delle due curve, e diverso dall’origine A delle coordinate, è la radice dell’equazione.
In modo analogo, per l’equazione del tipo 2),
x3+ cx2 = a,
si pone a= p3, per cui x2 (x + c) = p3 e le coniche scelte sono l’iperbolexy=p2 e la parabola y2= p(x + c).
L’equazione x3+cx2+bx = a è trasformata, ponendo b = p2 e a = p2s, in
x2 (x + c) = p2 (s – x)
ed è risolta con l’intersezione fra il cerchio y2 =(x +c)(s – x) e l’iperbole x(y+p) = ps.
Infine l’equazione
x3+ bx = cx2 + a,
avendo posto b = p2; a = p2s , diventa
x2(c- x) = p2(x- s),
che si può risolvere intersecando il cerchio y2 =(x-s)(c-x) con l’iperbole x (p-y) = ps.
Omar al-Khayyam considera, come i suoi predecessori, soltanto le soluzioni positive e quindi, trasferendo il discorso ad un sistema di assi cartesiani, soltanto le intersezioni delle curve nel primo quadrante. Inoltre fra le curve, privilegia i cerchi, le iperboli equilatere, per le quali asintoti ed assi di simmetria siano paralleli agli assi coordinati e le parabole, il cui asse di simmetria sia anche uno degli assi coordinati.
Vengono inoltre discusse le condizioni di esistenza delle radici positive e il numero di queste, ma nonostante l’analisi sia molto profonda, gli è sfuggito il caso di tre soluzioni positive per l’equazione
x3+ bx = cx2+ a.
6. La soluzione di equazioni cubiche numeriche, con metodi approssimati
Uno dei continuatori dell’opera di al-Khayyam è il persiano Sharaf Al-Din al-Tusi, che visse alla fine del XII sec. Egli riprende infatti il discorso sulle soluzioni geometriche delle equazioni cubiche e sviluppa notevolmente lo studio delle curve. Aggiunge a questa teoria, una discussione sistematica dell’esistenza delle radici positive, legata al ruolo del discriminante. Per esempio nell’equazione x3 +a = bx egli afferma che l’esistenza delle radici positive è legata al fatto che sia
.
Questo discriminante non appare però mai in una formula risolutiva del tipo di quella di Tartaglia e Cardano. Probabilmente fu proprio l’impossibilità di ottenere una soluzione algebrica diretta dell’equazione cubica a portare il matematico alla ricerca di soluzioni numeriche approssimate.
A queste al-Tusi giunse nella sua Teoria delle equazioni, grazie ai notevoli progressi compiuti precedentemente sia dagli aritmetici-algebristi, che dai geometri-algebristi. Particolare importanza avevano, in questo senso, gli algoritmi per l’estrazione delle radici quadrate di al-Khwarizmi e al-Uqlidisi, ulteriormente elaborati e migliorati da ibn-Labban (XI sec.) e dal suo allievo an-Nasawi, che li estendono anche alle radici cubiche. Si sa inoltre che al-Biruni aveva composto un’opera intitolata L’estrazione delle radici cubiche e di quelle di grado più elevato ed anche al-Khayyam aveva scritto su questo argomento, ma purtroppo queste opere sono andate perdute e non è perciò possibile stabilire quale influenza esercitarono su al-Tusi. Ecco in dettaglio il procedimento impiegato da questo matematico per la ricerca della soluzione numerica di un’equazione di secondo grado, del tipo x2+ px = N. L’equazione studiata da al-Tusi è
x2+ 31x = 112992
e il metodo consiste nel ritrovare ogni potenza di N a partire dal gruppo di termini che derivano dall’elevazione al quadrato dell’incognita, rappresentata, in simboli moderni da x = x1 + x2 + x3, dove x1 = a 102; x2= b 10; x3 = c cona, b, c cifre intere comprese fra 0 e 9. Il procedimento di al-Tusi consiste nello scrivere x2 e 31x in funzione di x1,x2, x3, ovvero di a, b, c e potenze di 10:
x2=(x1+x2+x3)2=x12+x22+x32+2x1x2+2x1x3+2x2x3=a2104+2ab 103+(2ac+b2) 102+2bc 10+c2
31x=31 x1+31x2+31x3=31a102+31b10+31c.
In un primo tempo si cerca a, cioè il più grande intero tale che a2<11. Si trova a = 3 e si sommano poi tutti i termini che si possono scrivere a partire da a, annotando ciò che resta:
N1= N – a2104– 31al02
N1 = 112 992 – 90 000 – 9300
N1 = 13 692.
Successivamente si cerca b, cioè il più grande intero tale che 2ab < 13, cioè 6b < 13. Si trova b = 2, per cui si prosegue calcolando
N2= N1– 2ab·103– b2· 102– 31 b·10
N2= 13692- 12000 – 400 – 620
N2 = 672.
infine si cerca c, tale che 2ac < 6. Si ha 6c = 6,da cui c = 1 e si può scrivere
N3 = N2 – 2ac·102 – 2bc· 10 – c2 – 31c
N3 = 672 – 600 – 40 – 1 – 31 = 0.
La soluzione è dunque
x = 3· 102+ 2· 10 + 1,
cioè
x = 321.
L’ultimo matematico arabo, degno di essere qui citato, è al-Kashi, che muore a Samarcanda nel 1429. Come si è già avuto occasione di dire, la sua opera più celebre è la Chiave dell’aritmetica, composta nel 1427, che rappresenta una vera enciclopedia delle conoscenze scientifiche dell’epoca. Essa avrà una grandissima diffusione sia nei paesi arabi che in occidente, essendo destinata non solo ai matematici, ma a tutti gli uomini di cultura, dai letterati ai mercanti. Nella Chiave dell’aritmetica si trovano condensate tutte le proprietà e i metodi dell’aritmetica e dell’algebra, elaborati precedentemente. Viene qui esposta sia l’aritmetica col sistema sessagesimale, che con quello decimale, allo scopo di mostrare che le operazioni si possono effettuare indifferentemente nell’uno e nell’altro sistema. Viene inoltre ripreso il metodo di estrazione delle radici quadrate e viene fornito un valore per pcon sedici decimali esatti.
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