Antonio De Lisa- Il Marocco tra realtà e finzione
Marrakech
Svegliandomi, scorgo una mia vicina di postazione, sotto il palmeto. Mi accorgo che ha voglia di parlare. Le faccio un sorriso. E’ il mio segnale di complicità. L’impercettibile movimento del sole nel cielo ha fatto sì che un ramo si frapponesse disegnandomi un’ ombra sul viso – ciò è contrario ai miei principi: io devo arrostire al sole, come una lucertola. Allora mi sposto un poco e nel farlo noto che a breve distanza un ragazzo dai capelli biondissiimi è pronto per un tuffo in piscina. La postura è di una plasticità indefinible, tra un efebo e una statua. La signora sta seguendo il mio sguardo. Si volta un attimo e poi sorrdie: mio figlio, dice… è di una bellezza che sfiora la perfezione. Poi il ragazzo esegue un tuffo. Naturalmente perfetto.
Il cenno di brindisi che ci rivolgiamo è impalpabile, giusto un leggerissimo movimento nello scintillio del sole sui bicchieri. Poi lei alza leggermente il viso in uno sguardo lontano. Abbiamo di fronte due isole. E siamo quasi soli tra le palme a bordo della piscina. Lei completamente all’ombra, io completamente al sole. L’effetto del prosecco è leggermente ipnotico bevuto sotto il sole a picco, ma assai piacevole.
Non sono i suoni, ma i colori che dominano Marrakech, detta “la rossa” per i toni dei suoi muri di terra, sfumature a cui vanno ad affiancarsi quelle dei lussureggianti giardini con i profumati gelsomini. Fondata nel 1062 da Yussuf Ibn Tàshfìn, il fondatore della dinastia degli Almoravidi, questa città berbera è da scoprire visitando i suoi souk e la famosa piazza Djemaa-el-Fna.
Marrakech, letteralmente “terra di Dio”, è la terza città più grande del Marocco, situata ai piedi delle montagne dell’Atlante. Si divide in due aree principali: il quartiere europeo e moderno di Gueliz o Ville Nouvelle, dove ci sono le catene di fast food, i ristoranti internazionali e i grandi nomi della moda mondiale, e il centro storico della Medina, un labirinto di stradine.
Nella piazza di Djemaa-el-Fna si potrebbe trascorrere l’intera giornata tra incantatori di serpenti, cantanti, cantastorie, guaritori e fachiri. E’ la piazza che cambia – sembra quasi muoversi- non chi l’osserva. Muta completamente dal giorno alla notte. Si inizia la giornata prendendo un bicchiere di succo d’arancia fresco da una delle bancarelle e si finisce su una panca accanto a decine di avventori a mangiare il couscous.
La Moschea Koutoubia è un punto di riferimento a Marrakech. Si trova nel centro della città e da qui i musulmani sono chiamati a pregare tutti i giorni. Il bel minareto è visibile da qualsiasi punto della Medina. Solo i musulmani possono entrare.
Nel quartiere del souk il tempo passa senza accorgersene, contrattando con la gente del posto per acquistare qualsiasi tipo di merce. Dai tappeti ai pregevoli gioielli alle spezie colorate, nel souk c’è di tutto.
I Giardini Menara sono uno dei luoghi più fotografati di tutto il Marocco. Situato appena fuori dalla città, è il posto ideale per sfuggire alla rumorosa Medina per un po’. La piscina adiacente all’edificio principale dona un’atmosfera romantica e una vista spettacolare. La passeggiata nel giardino è davvero rilassante.
Palmerie: questo giardino di palme si estende per chilometri e conta quasi 10.000 alberi. E’ considerato come un’oasi di tranquillità nel centro della città. Ho fatto un giro in cammello: il palmeto è splendido, ma ho la netta sensazione che mi abbiano imbrogliato.
Pur restando una città islamica, Marrakech vanta ottimi bar, pub e cocktail bar, che la signora che ho conosciuto sul bordo della piscina conosce all perfezione. Io di questa signora non conosco nemmeno il nome, parla francese, ma con un accento strano, potrebbe essere russo o danese. Se ci dicessimo i nomi sarebbero probabilmente inventati. Ne Le Comptoir – discretamente affollato, nato dalla fusione tra bar, ristorante e locale notturno, i nomi non contano. Al Montecristo – al pieno terra di questa grande discoteca ci aspetta l’African Bar, che ci offre della musica jazz, ma con uno swing francesizzante. Al’anbar – col suo magnifico pianoforte a coda – l’atmosfera nasce dalla combinazione tra la struttura architettonica di un atrio e l’acustica di un centro commerciale. Chesterfield Pub – soprannominato anche “bar inglese” in realtà ha ben poco di britannico, ma è rinomato per le sue ottime birre. La Casa non è un semplice bar ma una sorta di discoteca. Samovar – folle e per certi versi anche un po’ selvaggio – è uno dei bar più affollati e chiassosi di Marrakech, dove il contatto fisico è inevitabile, anche se spesso ricercato.
Il giorno dopo, su sua richiesta, mi trasformo in una specie di guida locale, narrando la storia del Marocco alla bionda signora dal nome sconosciuto, che ascolta meditabonda. E’ l’ultimo servigio, prima di non rivederci mai più.
Abitato fin dalla preistoria dagli imazighen (chiamati Berberi dai vari colonizzatori provenienti dall’Europa o dall’Arabia), il Marocco conobbe la colonizzazione di vari popoli come fenici, cartaginesi, romani, vandali, bizantini e infine dagli arabi. Il dominio delle dinastie islamiche ha avuto una grande influenza a partire dal VII secolo, mentre è al XIX secolo che risalgono le prime infiltrazioni coloniali della Francia e della Spagna. Il Marocco diventa protettorato nel 1912, poi è tra i primi paesi del continente africano a diventare indipendente nel 1956, dopo diverse rivolte, guidato dal sultano Mohammed V. Il Marocco è diventato una monarchia dopo l’indipendenza.
La popolazione marocchina ha principalmente origine da due etnie distinte: gli Amazigh e gli Arabi, inoltre vi è una minoranza etnico-religiosa ebraica. Nel corso del tempo queste due etnie si sono tra loro intrecciate e in alcuni luoghi risulta difficile riconoscere l’una dall’altra. A grandi linee tuttavia è possibile indicare nelle regioni pianeggianti e nelle grandi città i luoghi principali in cui è possibile incontrare etnia araba, mentre nel Rif, sull’oceano, nell’Atlante e nel sud quella amazigh. Scendendo nel profondo sud è possibile trovare l’etnia Sahrawi. Nelle città imperiali marocchine e nelle città costiere si trovano i discendenti dei mori di Spagna, che sono stimati in 5 milioni in tutto il Marocco. Si concentrano soprattutto nelle città di Fes, Meknes, Rabat, Chefchaouen, Salé e Tetouan.
Casablanca
Chi arriva a Casablanca scambiandola per il set del film omonimo del 1942 rischia di restare deluso. Il film “Casablanca” non è basato sulla Casablanca reale. E non fu nemmeno girato in Marocco, ma a Hollywood, a distanza di 9 mila chilometri. Così, il Caffé di Rick – nonostante il suo enorme gran piano, la tavola della roulette e i potenti mojitos- sta a Casablanca come il Planet Holliwood sta alla California, una grande fantasia imbellettata.
In passato i produttori cinematografici avevano scelto di ambientare i loro film di guerra, romantici e avventurosi, in quella che doveva diventare il centro economico e industriale del Marocco, una città il cui passato era sepolto sotto le fabbriche, il fumo e la polvere. Si tratta di due città completamente diverse. Tuttavia, il contrasto tra le aspettative e la realtà potrebbe far perdere di vista il vero volto di questa metropoli moderna.
Una delle ragioni per visitare Casablanca è la sua posizione strategica, perfetta per proseguire verso altre località del Marocco. Non a caso, l’aeroporto di Casablanca vanta i collegamenti internazionali migliori della nazione.
Sono arrivato di notte e non ho tardato ad accorgermi dell’incombenza della moschea di Re Hassan. Si tratta di una delle moschee più grandi al mondo, con il minareto più alto, circa 210 metri. Domina la città. Vista di giorno si è accolti da disegni a mosaico, laghetti e cascate, che ne fanno una vera oasi di serenità magrebina.
Faccio un giretto nel centro storico o Medina, situata nella parte settentrionale della città. Anche se la città vecchia di Casablanca non è grande quanto le medine di altre località marocchine, è comunque un luogo affascinante e pieno di energia.
Il caldo ha un andamento concitato. Ha fretta di sobillarti l’epidermide. Sembra trafelato. Scende a ondate. La luce già pronta ad annunciarti il grigio umido, la luce, oggi, è impudica. Dura molto il gioco, da queste parti. Nel caos della città il mare è un incidente, che si intravvede dietro una curva, come la sorpresa di un carretto rovesciato.
E’ molto piacevole passeggiare sul Boulevard de la Corniche, sulla costa atlantica, soprattutto quando si è stanchi del pesante, caotico, schizzato traffico cittadino. Col caldo, stare in macchina è una tortura: i taxi per lo più non hanno aria condizionata, gli autisti di Casablanca hanno un concetto tutto loro della precedenza. Mi è spesso capitato di osservare in grandi Suv degli autisti che ascoltavano il Corano sparato ad altissimo volume.
Fès
Fès (o Fez) è la più grande delle città imperiali del Paese: soprannominata “la Firenze del Maghreb”, sorprende per la ricca produzione artistica e culturale che custodisce. Il suo fascino passa per la città vecchia, la Medina, con le tipiche e strette stradine ed i suoi edifici finemente decorati, i souk, le botteghe artigiane e le bellissime moschee come la Moschea al-Qarawiyy’n, sede della più antica università islamica.
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