Arti decorative islamiche: ceramica

manifattura-persiana-kashanArti decorative islamiche: ceramica

L’arte islamica nacque subito dopo la conquista islamica, durante la Dinastia degli Omayyadi (660-750 d.C.), e quasi immediatamente manifestò una totale unità di aspetti che si sarebbe mantenuta nel corso dei secoli. La ceramica musulmana, prodotta in quasi tutto l’immenso territorio dell’Islam, raggiunse livelli artistici di grande originalità sia per quanto riguarda le tecniche (ingobbio, smalto stannifero o maiolica, lustro metallico), sia per la raffinatezza delle decorazioni.

Le prescrizioni islamiche relative ai soggetti di cui è ammessa la raffigurazione artistica sono contenute negli hadith. Benché venissero strettamente osservate nella realizzazione dei manufatti inerenti al culto (arredi per le moschee, tappeti da preghiera, decorazione del Corano), tali limitazioni non ebbero sempre applicazione nelle arti decorative secolari.

Ad esempio, le pareti del palazzo di Mshatta, sorto nel deserto siriano agli inizi dell’VIII secolo, presentano una netta distinzione tra la decorazione degli spazi religiosi e di quelli profani. I motivi che ornano la moschea sono astratti, mentre in altre parti del complesso sono raffigurati animali reali e fantastici.

Tuttavia, anche nei rari casi in cui venivano rappresentati uomini e animali, la funzione di queste figure doveva essere meramente decorativa; di conseguenza, a differenza dell’arte europea, quella islamica non ebbe mai grande interesse per lo studio dell’anatomia e della prospettiva, conoscenze necessarie a una rappresentazione realistica ed espressiva. Nacque e si affermò quindi un linguaggio ornamentale ispirato alle forme geometriche, ai caratteri dell’alfabeto arabo e alle forme vegetali, dalla cui stilizzazione derivarono i cosiddetti arabeschi.

Il bando dei materiali preziosi

Altro dettame degli hadith, che esercitò notevole influsso sullo sviluppo dell’arte islamica, fu il bando dei materiali preziosi. Per questo motivo, se in altre culture artistiche prevale l’impiego di oro, argento e gemme, le arti decorative musulmane si concentrano perlopiù sulla lavorazione di bronzo e ceramica, e sull’intaglio di legno e avorio.

I primi esempi dell’arte figurativa in costruzioni religiose islamiche sono i mosaici della Cupola della Roccia (685-691 d.C.) a Gerusalemme (il primo monumento religioso costruito dai musulmani) ed la Grande Moschea Omayyade (706-716 d.C.) a Damasco, che rappresenta case, alberi, cascate e altre forme di natura morta.

In costruzioni secolari, le prime pitture e sculture nell’Islam sono gli affreschi Omayyadi di Qusayr ‘Amra (712-715 d.C.) nel Deswet giordano, e i mosaici e le sculture di Khirbat Al-Mafjar (724-743 d.C.) vicino a Gerico.

Anche se in tutti gli esempi, le influenze Greco-Romane, Sassanidi e Bizantine sono evidenti in termini sia di stile che di soggetto, si ravvisano anche gli inizi di una nuova forma di stilizzazione.

Durante il successivo periodo Abbaside e particolarmente Fatimide, la pittura figurativa è stata continuata su ceramica, così come gli affreschi, i cui esempi sopravvivono sulle pareti del palazzo Abbaside di Jawsaq Al-Khaqani, a Samarra, che portano le influenze Sassanidi e centroasiatiche, e su ceramica d’uso quotidiano, oggetti d’avorio e di metallo dei due periodi.

Un punto di interesse è la Cappella Palatina a Palermo, costruita dal re Ruggero II dopo la riconquista dell’isola dopo molti anni di dominazione araba. Egli importò artisti dall’Egitto Fatimide per decorare la parte interna della cupola della sua chiesa con i migliori esempi di pittura Abbaside passata dall’Iraq all’Egitto fino in Sicilia.

La rappresentazione figurativa nell’arte islamica si estendeva dalla miniatua alle immagini tessute in tappeti e arazzi, pittura su ceramica e vetro, su sculture d’avorio e di legno, così come la smaltatura e l’incisione del metallo. Tuttavia, in tutte le sue forme e indipendentemente dal supporto, la rappresentazione figurativa ha seguito rigorosamente una stilizzazione bidimensionale che l’ha liberata dai limiti della naturalizzazione.

Geometria sacra

All’interno del monoteismo islamico, che proibisce la rappresentazione di Dio in qualsiasi forma, la geometria è l’unico modo lecito di mettere in comunicazione la realtà umana con la trascendenza divina. La geometria è uno dei segni che nel mondo materiale, ayat in arabo, Dio ha donato all’umanità come prova della sua esistenza. In diversi capitoli (surah) del Corano si descrive l’universo gerarchico e perfettamente ordinato, nei due reami di terra e cielo, ciascuno diviso in sette sfere:

Colui che ha creato sette cieli sovrapposti senza che tu veda alcun difetto nella creazione del Compassionevole. Osserva, vedi una qualche fenditura? [Surah 67, “Del Regno”]

Questa citazione del Corano è incisa nella decorazione della Camera degli Ambasciatori nell’Alhambra (14mo secolo) a Granada, in Spagna.

I cieli islamici hanno un’isotropia perfetta e sono ordinati dal basso verso l’alto. Il trono di Dio domina dal cielo superiore. La perfezione della struttura dell’universo è considerata lo specchio della perfezione divina, come nella metafisica platonica. L’accessibilità della verità geometrica sublima l’inaccessibilità della verità divina. Disegna un cammino che dalla verità fisica terrestre porta verso la verità divina, allo stesso tempo rispettando la necessità di mantenere l’essenza divina assolutamente astratta, senza alcun intermediario tra l’uomo e Dio.

La ceramica

Con la denominazione di prodotti ceramici si intende una vasta gamma di manufatti, diversi per composizione, struttura, proprietà, impiego ecc., aventi in comune il processo tecnologico di fabbricazione: si ottengono da materiali incoerenti (costituiti in gran parte da sostanze inorganiche non metalliche) che vengono elaborati fino a costituire prodotti formati, compatti, che diventano resistenti per mezzo di cottura a temperature elevate. I materiali ceramici possono essere classificati in vario modo. I materiali ceramici tradizionali sono ottenuti per lo più da materie prime naturali e, in base alla porosità della pasta, si distinguono in prodotti a pasta porosa, e in quelli a pasta compatta, cui appartengono i grès e le porcellane.

La ceramica islamica, con la conquista araba della Persia, fuse diverse eredità tecniche del passato (per es. lo smalto stannifero) in un’arte di grande originalità che, sviluppatasi specie dopo l’11° sec., influì su tutto il mondo mediterraneo. Singolare fu il ruolo della ceramica nella decorazione monumentale, dall’iscrizione all’esterno della cupola della Roccia a Gerusalemme alle intere pareti ricoperte di ceramica di tanti iwān, minareti, moschee (Samarcanda, Tabriz, Isfahan, Ardabil, Istambul). L’uso monumentale della ceramica influenzò Bisanzio e, attraverso la Spagna, l’intera Europa dal Rinascimento in poi. Stupende ceramiche, specialmente mirabili per colore, furono prodotte in Persia.

Gli scavi di Samarra

I primi esemplari risalgono al IX secolo quando a Bagdad, e soprattutto a Samarra, si ebbe una produzione caratterizzata da una grande varietà di tecniche sperimentali, influenzate dalla ceramica cinese importata alla corte califfale già dall’800. Fra i numerosi tipi scavati a Samarra, si distinguono una serie di oggetti dalla decorazione screziata o a macchie, in verde, blu, porpora, giallo, bruno;sono stati trovati anche vari esemplari a lustro metallico (ottenuti con un procedimento che consiste nel coprire la superficie già decorata con una vernice a base di pigmenti di rame o d’argento, che con la cottura dà effetti di iridescenza), decorati con motivi epigrafici o vegetali estremamente stilizzati.

A Samarra fu ideato allora un tipo di decorazione a smalto vitreo, che imitava l’effetto della porcellana: gli studiosi ritengono che i motivi blu (semplici bordi o iscrizioni) di questa produzione islamica influenzarono a loro volta gli stili della ceramica cinese, in un proficuo scambio artistico.

Un’altra importante tecnica inventata a Samarra fu la decorazione a lustri metallici: sulla ceramica già cotta veniva stesa una soluzione metallica, quindi il pezzo era sottoposto a una seconda cottura a calore moderato che dava luogo a brillanti riflessi rossi, marroni o verdi.

Nishapur (Persia orientale)

Tra la fine dell’VIII secolo e l’XI, Nishapur e Samarcanda, nell’Iran nordorientale, videro l’affermarsi dell’uso della barbottina, un sottile strato di argilla semiliquida, applicato alle superfici per ottenere una base adatta alle decorazioni pittoriche.

Ma le migliori produzioni si ebbero nella Persia orientale nei sec. IX-X, ad Afrāsyāb e Nishāpūr, con un’originale serie di esemplari contraddistinta da vigorosi saggi epigrafici o da vivaci policromie usate in complesse decorazioni comprendenti elementi geometrici, pseudo-epigrafici, floreali, animali e persino figure umane; l’innovazione tecnica di questa ceramica consisteva nell’uso decorativo di argille liquide colorate.

Iran, nishapur, ceramica invetriata policroma, ix-x sec.

Iran, Nishapur, ceramica invetriata policroma, ix-x sec.

La Persia dei Selgiuchidi – Rayy e Kashan (Persia occidentale)

Tipici della Persia dei Selgiuchidi furono i recipienti dalle pareti sottili, bucherellate e vetrinate, che ricordavano le delicate porcellane cinesi; molto ricercati anche i pezzi impreziositi da applicazioni ad altorilievo.

Nella Persia occidentale ebbero grande importanza i laboratori d Rayy e Sawa e, nel XIII-XIV secolo, Kashan, celebre non solo per le mattonelle da rivestimenti parietali, dette kashi, ma anche per gli elegantissimi esemplari in blu turchese molto caldo, sui quali il lustro dorato crea effetti straordinari. Alcuni vasi, eseguiti con la tecnica ‘dei sette colori’ e chiamati minai (‘smalto’), sono decorati con scene tratte da poemi epici, analoghe a quelle delle miniature persiane.

Nelle ceramiche mina’i, prodotte oltre che a Kashan, a Rayy e forse anche in altri centri, la pittura era stesa su un’invetriatura bianco-opaca e turchese, in colori, smalti e laminati metallici, e richiedeva due e anche più cotture separate.

Ciotola Mina'i, Iran, Kashan, 1100 - 1200, Fritta con invetriatura bianca opaca e pittura sopra e sotto invetriatura, Dar al-Athar al-Islamiyyah, Kuwait

Ciotola Mina’i, Iran, Kashan, 1100 – 1200, Fritta con invetriatura bianca opaca e pittura sopra e sotto invetriatura, Dar al-Athar al-Islamiyyah, Kuwait

Le ceramiche lajvardina di Kashan sono di colore rosso, bianco e nero, con sfoglie auree applicate su smalti turchesi blu scuro.

Coppa "Lajvardina" a decoro geometrico Ceramica dipinta a smalto sopra vetrina Ø 21,5 cm, h. 10 cm Iran (Kashan), inizio del XIII secolo

Coppa “Lajvardina” a decoro geometrico
Ceramica dipinta a smalto sopra vetrina
Ø 21,5 cm, h. 10 cm
Iran (Kashan), inizio del XIII secolo

 

Raqqa (Iraq)

In Iraq, negli anni precedenti la conquista mongola, a Raqqa vennero realizzate raffinate ceramiche decorate sottovetrina.

Iznik (Nicea) e Kùtahya nella Turchia ottomana

Già nel XIII secolo, ma soprattutto a iniziar dal periodo ottomano, anche la Turchia divenne un importante centro di produzione ceramica, nel quale si distinsero soprattutto i centri di Iznik (Nicea) e poi Kùtahya. Il primo tipo di Iznik adottò la colorazione “bianca e blu” cinese, più tardi una ricca gamma di colori comprendenti il blu, il turchese, il verde oliva, il rosso-porpora e il nero; i vivaci motivi floreali comprendevano peonie, garofani, tulipani. Dopo il 1550 prevalsero tra i colori uno stupendo rosso scarlatto e un verde-blu scuro, con contorni neri. Anche in Turchia si fece un larghissimo uso di mattonelle decorative nelle costruzioni (moschea e mausoleo Verde di Bursa, XV secolo).

I manufatti di Iznik e Kütahya furono molto apprezzati fino a Settecento inoltrato. Nonostante sia facilmente riconoscibile l’influsso cinese, molti esemplari erano impreziositi da motivi floreali tipicamente turchi, nei colori turchese, verde, porpora, marrone e nero.

Le tipologie ottomane sono convenzionalmente distinte in quattro stili: “Abramo di Kütahya”, “Damasco”, “rodio” e “Corno d’Oro”, quest’ultimo caratterizzato da un motivo calligrafico a volute. Nelle costruzioni si fece larghissimo uso di mattonelle decorative in Persia come in Anatolia.

Ceramica di Iznik

Ceramica di Iznik

Questa tecnica stimolò la produzione di vasi dipinti; si imposero due tipologie di decorazione: figure di cavalieri circondate da disegni astratti e calligrafie (motivi di origine sasanide) e grandi iscrizioni cufiche (da al-Kufa, antica città dell’Iraq, importante centro di scienza e cultura musulmane).

Fustat (Egitto)

In Egitto, durante la dinastia fatimide, Fustat divenne un importante centro della produzione di ceramiche. Dal Fustat (Egitto) di età fatimita (sec. X-XII) proviene una bellissima serie di ceramiche a lustro, spesso anche incise, nel cui repertorio decorativo trovano insolitamente largo posto figure umane, in contrasto con i canoni tradizionali dell’estetica islamica, ma di influsso copto-ellenistico.

Malaga (Spagna musulmana)

Nella Spagna musulmana furono famose le botteghe di Malaga (XIII-XIV secolo), dalle quali uscirono grandi vasi a lustro, con manici a forma di ali, il cui esemplare più noto si conserva nell’Alhambra di Granada. Erede diretta di Malaga fu Manises, nel XV secolo, mentre a Paterna (XIV-XV secolo) continuò la tradizione della ceramica verde e bruna dell’età califfale. Anche la Spagna impiegò la ceramica nella decorazione parietale, con gli azulejos (mattonelle dal tipico colore azzurro), i cui esempi più rappresentativi ornano ancora i palazzi dell’Andalusia.

Decorazioni gabri

Molto diffuse a quel tempo furono anche le decorazioni gabri (in cui il fondo o lo smalto sono incisi a formare piccoli rilievi) e il disegno a sgraffio, metodi entrambi mutuati dalla lavorazione dei metalli.

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